Dr. Gianmarco Reverenna optometrista SOPTI
Studio optica Imola (BO)
Dr. Pietro Gheller optometrista SOPTI FIACLE
Ist. Sup. di Ottica e Optometria “B.Zaccagnini” Bologna
Università di Padova
Nota: l’articolo è riportato in forma ridotta per esigenze di pubblicazione nella rivista. Il testo completo è disponibile presso gli Autori.
Lenti a contatto per la correzione della presbiopia
Le lenti a contatto multifocali nascono come ausilio alternativo all’utilizzo del tradizionale occhiale da lettura. Molto spesso, con l’incremento della popolarità di questo presidio medico, le lenti a contatto multifocali vengono scelte per la loro comodità e versatilità di utilizzo conciliati al fattore estetico. Infatti esse permettono al portatore di avere una buona visione ad elevata e ridotta distanza. Inoltre, diversamente dall’occhiale progressivo, le lenti a contatto multifocali non sono limitate dagli assi visivi, risultando quindi ergonomica nei movimenti degli occhi e del capo. La prima tecnica storicamente utilizzata per la correzione della presbiopia fu la monovisione, ideata da Westsmith nel 1950 (Fonda, 1966). Essa consiste nell’utilizzo di lenti a contatto monofocali in entrambi gli occhi, uno dei quali però risulta corretto con una quantità di positivo maggiore al fine di compensare la difficoltà accomodativa del portatore. Solitamente viene scelto per la visione da vicino l’occhio non dominante sensorialmente. Questa tecnica è ancora oggi utilizzata nei soggetti neo-presbiti dove l’addizione è limitata ad 1D. Per contro, gli aspetti negativi significativamente evidenziabili da questo approccio sono principalmente due: la riduzione della stereopsi e della sensibilità al contrasto. La sovracorrezione di positivo infatti causa nel paziente una difficoltà della visione binoculare da cui ne deriva una consequenziale riduzione della stereopsi anche fino a 150 minuti d’arco (Kirschen et al., 1999). Parallelamente, diversi studi hanno dimostrato come, con l’aumentare dell’addizione, si presenti anche un incremento nell’intensità della soppressione dell’occhio controlaterale, a discapito della sensibilità al contrasto (Heath et al., 1986; Larsen, Lachance, 1983). Al giorno d’oggi, come conseguenza del perfezionamento delle tecniche costruttive e delle geometrie, le lenti a contatto multifocali, anche dette a visione simultanea, risultano un’ottima soluzione correttiva.
Esistono due principali geometrie multifocali: lenti a contatto multifocali a zone concentriche e lenti a contatto multifocali asferiche. La prima tipologia di LAC presenta una zona centrale sferica che può essere attribuita sia alla visione per lontano sia a quella da vicino. Tutt’attorno a questa zona vengono poi alternati anelli concentrici con i due poteri diottrici scelti. Nelle LAC multifocali asferiche invece, la superficie presenta un design asferico conico che comporta un’aberrazione sferica in grado di aumentare la profondità di fuoco e di conseguenza la visione a diverse distanze, compresa la zona dell’intermedio. Entrambe le geometrie sono disponibili nelle lenti a contatto morbide, RGP corneali, RGP per cheratocono e sclerali. Quest’ultima offre un’ottima stabilità e centratura davanti alla pupilla, di contro presenta dei limiti riguardo l’aspetto metabolico della cornea rispetto alle altre tipologie di lenti.
Diametro pupillare
Il diametro pupillare è il fattore di maggior importanza nel funzionamento delle lenti a contatto progressive, in quanto la sua variazione consente di ridurre o di aumentare i raggi luminosi in entrata e, di conseguenza, anche l’azione dei diversi poteri della lente. Essendo governato dal sistema nervoso centrale, il diametro pupillare non può essere regolato volontariamente. Tuttavia, può essere sfruttato dagli applicatori il meccanismo di miosi e midriasi a seconda degli impieghi e della luminosità ambientale al fine di migliorare la qualità visiva con le lenti a contatto multifocali.
Numerosi studi hanno dimostrato come la pupilla tenda ad assumere caratteri miotici con l’aumentare dell’età, così come quando si pone attenzione ad un oggetto a distanza ridotta a causa della triade accomodativa. Winn e colleghi hanno dimostrato come effettivamente il diametro pupillare tenda a diminuire con l’età in presenza di diverse intensità di illuminazione ambientale. Infatti in media, la pupilla di un soggetto presbite in condizioni mesopiche risulta essere uguale o inferiore a 5 mm di diametro, mentre solo in giovani e neo presbiti la pupilla, se in condizioni di scarsa luminosità, può raggiungere 6 mm di diametro (Winn et al., 1994).
Prevenzione della miopia
La prevalenza della miopia nel mondo è in continuo aumento. Wallen e colleghi hanno preannunciato che nel 2050 circa la metà della popolazione mondiale sarà miope, con un incremento della miopia elevata fino a 10% (Holden et al., 2016). Le abitudini moderne provocano una lenta e continua stimolazione allo shift miopico durante il processo di emmetropizzazione dell’occhio. La progressione miopica infatti sembra essere collegata al prolungato lavoro da vicino. Nei giovani, la risposta accomodativa durante queste attività sembra essere estremamente ridotta (Ip et al., 2012; Saw et al., 2002). L’elevato lag accomodativo provoca un defocus ipermetropico, nel quale l’immagine retinica periferica cade posteriormente alla retina (Gwiazda et al., 2005) (Figura 1A).
Questo fenomeno in particolare stimola l’occhio a crescere ed aumentare la propria lunghezza assiale affinché le immagini cadano a fuoco sulla retina (Smith, 1998). Soggetti miopi mostrano maggiore defocus ipermetropico periferico rispetto ai soggetti ipermetropi o emmetropi, causa di un vero e proprio circolo vizioso (Seidemann et al., 2002; Mutti et al., 2000). L’utilizzo di lenti oftalmiche bifocali e progressive oppure di LAC multifocali consente, grazie all’addizione positiva di queste lenti, di ridurre il lag accomodativo e di conseguenza il defocus ipermetropico associato.
Pro e contro
Di seguito vengono riportati gli aspetti positivi e negativi delle lenti a contatto multifocali analizzati in questo articolo:
CLD (Contact Lens Disconfort)
Le lenti a contatto multifocali non sono esenti da problematiche di incompatibilità. Il T.F.O.S. ha definito il “contact lens discomfort” (CLD) come una condizione caratterizzata da un’avversa reazione oculare persistente o occasionale durante il porto di lenti a contatto, dovuta a una incompatibilità tra la lente e la superficie oculare, e che può condurre a una riduzione o a una completa sospensione dell’uso delle lenti. Su 135 milioni di portatori di lenti a contatto, il 50% lamenta secchezza e irritabilità a fine giornata. Il 25% ne sospende l’utilizzo. Il restante 25% ne riduce la frequenza di utilizzo. [Gheller, Cimolato, Stanco, su “Ottica Italiana” n. 716]
Queste cifre aiutano a comprendere la gravità del fenomeno e quanto siano importanti la sua attenta valutazione e pronta soluzione. I professionisti del settore hanno la possibilità e la competenza necessaria per intervenire, ripristinare la salute del paziente con la corretta qualità della superficie oculare, recuperando così portatori di lenti soddisfatti e felici.
Figura 2 – Esami effettuati con Me-Check 3D, Espansione Marketing, Italia. A sinistra la valutazione pesata della perdita di ghiandole di Meibomio (analisi statistica su cinque zone), a destra la visualizzazione 3D delle ghiandole di Meibomio.
Bibliografia essenziale
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